L’obbligo di referto impone a tutti coloro che esercitano una professione sanitaria di informare il pubblico ministero o un ufficiale della polizia giudiziaria nei casi in cui prestino la propria assistenza sanitaria a pazienti che possano apparire vittime di un delitto perseguibile d’ufficio (come ad esempio le lesioni gravi, se dal fatto, cioè, deriva una malattia che metta in pericolo la vita di chi le subisce, o una malattia o incapacità di svolgere le ordinarie attività per un tempo superiore a 40 giorni, come previsto negli artt. 582 e seguenti del codice penale).
Il referto deve pervenire all’autorità competente secondo il luogo nel quale è stata prestata assistenza sanitaria oppure all’ufficiale di polizia giudiziaria più vicino entro 48 ore. La comunicazione dell’eventuale commissione di un reato deve appunto avvenire tramite referto, quindi con documento scritto, il quale deve contenere il nome della persona alla quale è stata prestata assistenza, se possibile le sue generalità, il luogo dove si trova al momento della trasmissione o qualsiasi elemento utile all’identificazione ed ancora il luogo, il tempo e le altre circostanze dell’intervento di soccorso. Nel referto devono inoltre essere indicate le circostanze del fatto, i mezzi con i quali è stato commesso, e gli effetti che ha causato o può causare l’ipotetico fatto di reato. La comunicazione può avvenire anche a mezzo del telefono, purché seguito da referto scritto, oppure con una dichiarazione orale, di cui il ricevente redige il verbale, sottoscritto dal medico dichiarante.
Nel caso in cui siano più persone ad aver prestato la propria assistenza, sono tutte tenute al referto, pur potendo redigere e sottoscrivere un unico atto.
I soggetti obbligati da tale previsione normativa sono gli esercenti una professione sanitaria, ossia i medici, i chirurghi, i veterinari, i farmacisti e gli infermieri diplomati. I medici ospedalieri, degli istituti penitenziari o comunque delle strutture pubbliche in generale sono tenuti a presentare denuncia in qualità di pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio, laddove hanno avuto notizia di un reato perseguibile d’ufficio, anche quando è ignota la persona alla quale il reato è attribuito.
L’obbligo sorge nel momento in cui il sanitario, nell’esercizio della professione, apprenda personalmente o abbia il solo sospetto di fatti integranti un delitto perseguibile d’ufficio, questo dovere, dunque, prevale sul segreto professionale a cui sono tenuti i medici in tutti gli altri casi.
La differenza dell’obbligo di referto con il dovere di denuncia del pubblico ufficiale sta nel fatto che quest’ultimo è meno ampio, poiché si considera il pubblico ufficiale un soggetto qualificato ad individuare la rilevanza penale di alcune situazioni e quindi in grado di distinguere quali fatti siano potenziali offese ai beni giuridici e quali invece non necessitano di essere oggetto di notizia di reato; mentre il medico è tenuto a riferire di ogni situazione potenzialmente rilevante, tanto che la sua è una denuncia cd. tecnica poiché deve indicare il tipo di intervento sanitario, le eventuali patologie e le possibili cause.
I soggetti incaricati di ricevere il referto sono il pubblico ministero o un ufficiale o agente di polizia giudiziaria del luogo in cui il sanitario ha prestato la propria opera o assistenza o, in mancanza, del luogo più vicino.
Nel caso in cui però il referto e dunque la comunicazione di un presunto reato esporrebbe la persona assistita ad un procedimento penale quest’obbligo viene meno poiché si fa prevalere il diritto alla salute, costituzionalmente garantito, sulla necessità di perseguire gli autori dei reati, ovvero si vuole evitare che una persona bisognosa di cure mediche abbia timore che rivolgendosi ad un medico possa subire un procedimento penale.
L’obbligo di referto è particolarmente vincolante per colui che esercita una professione sanitaria poiché, laddove non vi ottemperi, commetterebbe un reato; infatti l’art. 365 del codice penale punisce colui il quale, avendo nell’esercizio di una professione sanitaria prestato la propria assistenza od opera in casi che possono presentare i caratteri di un delitto per il quale si debba procedere d’ufficio, omette o ritarda di riferirne all’autorità competente, pur sapendo di trovarsi in presenza di fatti che, sia pure in astratto, possono presentare i caratteri del delitto perseguibile d’ufficio. Dunque non tutti i fatti costituenti reato devono essere riferiti all’autorità ma solamente quelli procedibili d’ufficio, ossia quelli considerati più gravi, per i quali non è necessaria la querela da parte della persona offesa ma è sufficiente che l’autorità ne venga a conoscenza. Inoltre il sanitario è esentato dall’obbligo di referto solo quando abbia la certezza tecnica dell’insussistenza del reato.
Avv. Marta Bergamini