Ogni lavoratore dispone di alcuni diritti inderogabili, come quello alla retribuzione per l’attività prestata oppure quello di godere di un periodo di ferie. Quest’ultimo rappresenta senza dubbio una delle prerogative che accomunano tutti i lavoratori, indipendentemente dalle tipologie di contratto e di attività svolte. Il carattere fondamentale di tale prerogativa è ben evidenziato dalle disposizioni normative che si occupano di sancirne la sussistenza e la centralità nel nostro ordinamento, come l’art. 36 Cost. ult. comma in base al quale “Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunciarvi”. In base a tale disposizione, le ferie non sono solamente una prerogativa riconosciuta a vantaggio del lavoratore, ma vengono addirittura considerate irrinunciabili, anche di fronte a somme di denaro offerte in loro sostituzione per svolgere ulteriore attività lavorativa, poiché esse sono funzionali a permettere al lavoratore non solo di riposarsi, ma soprattutto di poter impiegare in maniera profittevole per la propria persona del tempo (tutto ciò si giustifica con la necessità che ogni persona veda garantita la possibilità di sviluppare la propria personalità in maniera piena e incomprimibile, in ossequio alle disposizioni costituzionali sancite all’art. 2).
Tuttavia la previsione di tale fattispecie non è sufficiente da sola a rendere tale prescrizione effettivamente applicata. Infatti, per rendere tale principio effettivo ed efficace ed evitare che nella vita lavorativa quotidiana il lavoratore potesse comunque ritrovarsi indifeso nei confronti delle richieste indebite del proprio datore di lavoro, la giurisprudenza ha elaborato il principio di indifferenza fra retribuzione percepita durante il periodo ordinario di attività e quello di ferie. In pratica, ogni volta che il lavoratore usufruirà delle proprie ferie, la retribuzione a lui destinata non potrà in nessun modo essere inferiore a quella percepita durante i periodi di attività ordinaria. Ciò affinché si evitino delle situazioni tali da generare in capo al lavoratore dei dubbi sull’opportunità di godersi le proprie ferie o, addirittura, rendere il periodo di ferie svantaggioso a livello economico per il lavoratore disincentivandone il godimento. Quando tuttavia si afferma che il lavoratore ha diritto a percepire la retribuzione immutata nel suo ammontare per tutto il periodo di ferie, ci si riferisce non solo alla porzione fissa di essa (lo stipendio), ma anche a quelle parti variabili che possono dipendere dallo svolgimento di particolari attività durante l’orario di servizio (come le indennità). A tal proposito è utile fare riferimento alla categoria degli assistenti di volo.
Secondo il CCNL riguardante i lavoratori del settore aereo, gli appartenenti a tale categoria lavorativa maturano durante lo svolgimento della loro attività il diritto alla percezione di una retribuzione articolata in due parti: una fissa (che si compone dello stipendio ordinario), e una variabile (definita anche dalle indennità di volo), il cui ammontare varia rispettivamente in base all’anzianità di servizio (con scatti retributivi legati all’anzianità che si verificano ogni 5 anni di servizio) e al numero di ore passate in volo nell’esercizio delle proprie funzioni. La quantificazione di tale ultima porzione di retribuzione viene disciplinata dallo stesso CCNL, che fissa un numero massimo di ore di volo percorribili da ogni assistente in un mese di lavoro nonché l’ammontare dell’indennità per ogni singola ora di volo praticata. Di conseguenza, rifacendosi anche a quanto detto dalla giurisprudenza comunitaria, non è possibile scorporare la parte retributiva legata alle indennità di volo dal computo della retribuzione dovuta durante il periodo di ferie del lavoratore, poiché ciò equivarrebbe a violare il principio di indifferenza che invece, sia per la giurisprudenza comunitaria che per quella italiana, rappresenta un vero e proprio caposaldo della disciplina delle ferie, inteso come strumento di tutela ineludibile a favore del lavoratore dipendente. Tale violazione, tuttavia, non si realizza unicamente con l’estromissione totale di tale porzione di retribuzione durante il periodo di ferie, ma anche con una diminuzione esagerata della stessa, arrivando anche ad attestarsi sui livelli minimi di indennità percepibile così come sancito dal CCNL. In tal modo, è evidente che un trattamento retributivo di questo genere provocherebbe uno svantaggio patrimoniale illegittimo a danno del lavoratore che, vedendosi decurtata la propria paga, potrebbe addirittura arrivare a rinunciare volontariamente alle proprie ferie perché costretto da un’indebita restrizione patrimoniale.
Di conseguenza, è estremamente importante godere al meglio delle proprie ferie senza alcuna interferenza o penalizzazione indebita per il periodo di mancata attività, poiché la mancata realizzazione di esso comporterebbe una gravissima lesione dei diritti individuali fondamentali dei lavoratori.
Dott. Mattia Palatta